Viola mammola_Bosco #1

Un bel cielo blu di Prussia che pian piano sfila verso il nero senza luna ma con stelle che a guardarle, manca il fiato. Guardi il cielo e tutto il portato della giornata appena passata, con le sue incertezze, le sue domande inquiete, i suoi momenti gioiosi, precipita verso il basso, con leggerezza…

E così? Guardando verso il cielo ci riversiamo verso la terra? Specularità improvvise che generano stupore.

Immersi in questo cielo profondo ci sentiamo piccoli piccoli, il corpo perde di consistenza fino a sparire nella notte…ed è una bella sensazione, un bel perdersi…“e il naufragar m’è dolce in questo mare”. Leopardi..anche io ho le mie stelle fisse così da poter vedere Giacomo Leopardi abbracciato a Sylvia Plath e Sylvia che guarda Giacomo sicuramente incuriosita.

Penso al mio piccolo bosco e lo immagino radicarsi sulla mia pelle con tutti i colori che un piccolo bosco può avere. Il verde, il marroncino, il bianco, il marrone scuro…e il viola, un viola-blu profondo, a volte più chiaro, nella forma delicata della violetta. Una delle piccole creature floreali di marzo.

Violetta o viola mammola o viola odorata particolarmente utilizzata nell’ambito dei profumi e, con mia immensa gioia, fiore commestibile e utilizzabile in cucina. E’ una pianta che ha proprietà curative differenti: emetico, calmante della tosse, emolliente e Santa Ildegarda consigliava la violetta per disparati disturbi e possiamo leggere da uno suo scritto:

La viola si colloca tra il caldo ed il freddo. Tuttavia è fredda e cresce dalla dolcezza e purezza dell’aria, quando dopo l’inverno l’aria inizia a riscaldarsi.
Essa agisce anche contro l’oscuramento della vista. Prendi allora del buon olio e riscaldalo al sole o sul fuoco, in un tegame nuovo, quando è caldo mettici dentro le violette, tante da farlo diventare denso. Versalo in un contenitore di vetro e conservalo così. Ungi le palpebre di sera con quest’olio in modo però che gli occhi non ne vengano a contatto, così l’annebbiamento della vista se ne andrà. 
Se una persona con gli occhi di fuoco vede male ed ha dolore agli stessi, deve prendere succo di violetta e 2 volte tanto succo di rosa, tanto succo di finocchio quanto un terzo (della quantità) di succo di rosa e aggiungere un po’ di vino. Prima di coricarsi si unga attorno gli occhi con questo rimedio, facendo attenzione a non toccare gli occhi all’interno. 
Una persona con disturbi alla testa o ai reni o che sia tormentata dalla gotta in qualche parte del corpo, sprema del succo di viola attraverso una garza, aggiunga abbastanza grasso di capro e ancora metà dello stesso grasso, però stagionato. Fonda il tutto in un tegame e prepari così una pomata da spalmare sulla testa o dove sente dolore, starà meglio. 
Se qualcuno ha mal di testa o viene divorato dai parassiti del cancro o ha delle piaghe nel suo corpo, deve prendere del succo di violetta, pesare dell’olio di oliva (un terzo del succo di viola), pesare tanto grasso di capro quanto il succo di viola, far bollire il tutto in un tegame nuovo e preparare una pomata. Chi ha mal di testa deve spalmare la fronte trasversalmente con questa pomata e starà meglio. Si deve ungere anche su altri punti dove l’uomo sia consumato dal cancro o da altri parassiti, che se ne andranno dopo aver assaggiato dell’unguento. Dove l’uomo soffre anche di altre ulcere, deve ungersi con questa crema e potrà così riottenere la salute. 
Chi soffre di febbre terzane prenda della viola, un terzo di piantaggine, erba di pepe due volte tanto quanto la piantaggine. Mangi queste erbette spesso insieme ad aceto e sale secco, così guarirà. 
Chi invece attraverso la bile nera è oppresso dalla scontentezza e i suoi polmoni ne sono danneggiati, deve bollire le violette in vino puro, filtrare attraverso una garza, aggiungere a questo vino, miele e galanga, tanta liquirizia quanta vuole, produrre così una bevanda chiara e berla: combatte la bile nera, rende lieti e guarisce i polmoni
.”

La tenerezza è la parola chiave della violetta, ma una tenerezza che risiede al limitare tra la luce e l’oscurità. Fiore di soglia dunque, tra inverno e primavera. Mi piace pensare che questo fiore sia legato a Proserpina che, leggenda vuole, tratta nell’Ade proprio mentre raccoglieva questo piccolo fiore. Il colore stesso è una soglia tra il rosso della vita, del sangue e il blu della morte.

La violetta è inoltre il fiore-pasto della trasformata-in-giovenca Io. Ricordiamo che “di probabile origine pre-ellenica “íon”, che viene tradotto semplicemente come “bruno, scuro”, la sfera cromatica a cui si riferisce questo specifico termine, come conferma la parola iodnephés “scuro come la Viola”.

E’ molto interessante il mito di Attis legato alla metamorfosi in violette che qui riporto per intero dal sito THESAURUS NATURAE*:

“Nell’antica Roma, il mito più noto che parla delle Viole è sicuramente quello di Attis, d’origine frigia ma importato a Roma già in età repubblicana.
Il mito, piuttosto lungo e complesso inizia con il desiderio di Zeus per la Grande Madre chiamata in Frigia Cibele, ovvero la Terra, sulla quale il Dio rilascia il proprio seme. Da esso nasce un’essere androgino, Agditis, dotato di grande furia e forza a causa della sua doppia natura; gli Dei allora lo evirano, e dal suo membro reciso spunta un Melograno (o un Mandorlo).
Nana, la figlia del fiume Sangario, si posa in grembo un frutto del magico albero, e così concepisce un figlio. Sangario persuaso della dissolutezza della figlia, tenta di farla morire di fame, ma la Grande Madre la nutre con delle mele e la aiuta a partorire. Tuttavia il padre espone il bambino in un canneto, ma il piccolo viene fortunatamente salvato ed allattato da una capra. Cresciuto, diviene un giovane bellissimo, che suscita l’amore sia di Cibele che di Agditis. Quando Attis si reca a Pessinunte per sposare la figlia del re, di nome Ia, Agditis lo rende folle, tanto da spingerlo ad evirarsi sotto un Pino; dal suo sangue versato spuntano le Viole. La ferita lo porta alla morte e la stessa Ia, addolorata per la fine dello sposo, si suicida e anche dal suo sangue nascono fiori di Viola.
Cibele porta il Pino nella sua grotta e Agditis pentito chiede a Zeus di riportare in vita il bel giovane, ma esso rifiuta, promettendo però di renderne il corpo incorruttibile. Agditis diventa quindi il primo sacerdote del culto di Attis a Pessinunte ed istituisce le feste primaverili in suo onore.
Il culto di Attis e della Grande Madre sottointendeva un ritorno alla vita del giovane. Infatti le feste di Cibele a Roma si svolgevano dal 22 al 28 Marzo, nel periodo dell’Equinozio di Primavera.
Dopo una settimana di purificazione detta “castus matri” (digiuno della Madre) dal 15 al 21 marzo, il 22, detto “dies violae” (giorno della Viola), i sacerdoti di Cibele tagliavano un Pino e lo ornavano con bende di lana e serti di Viole, il fiore nato dalle stille del suo sangue. L’albero veniva condotto al tempio con una grande processione. Nei giorni successivi il Pino veniva sepolto con manifestazioni di lutto e tristezza, ma il 25 marzo, detto “hilaria” (giorno di gioia) si celebrava con grande allegria il ritorno alla vita di Attis. Il Pino sempreverde che sfida l’inverno rappresenta una promessa di sopravvivenza, di rinnovamento della vita, della Natura e degli stessi uomini, le Viole sono il mantenimento di quella promessa, le annunciatrici della vita che rinasce”.

Io adoro i rituali e credo che seguirò una parte di questo antico rito che mi sembra essere fortemente legato alla purificazione del sangue, facendo un poco mio quel “dies violae” e omaggiando il piccolo pino che continua a crescere sul mio balcone. Non lo taglierò ma lo adornerò di viole!

Come ricorda Alfredo Cattabiani la viola mammola, più esile delle altre viole sue sorelle, custodisce il sentimento della modestia, dell’onestà e del pudore. Cattabiani riporta anche un curioso aneddoto: le violette furono i fiori donati dalla non ancora imperatrice Joséphine Beauharnais a Napoleone. La stessa adornò con questi fiori il suo abito nuziale e d’altronde, Napoleone fece delle violette il simbolo del suo amore per Maria Walewska: le violette divennero simbolo del loro “misterioso legame”, “vincolo segreto in mezzo alla folla”.

Il bosco è sempre stato via maestra per gli esseri umani. Le nostre scuole dovrebbero prevedere sempre una conoscenza diretta della natura e degli animali, per imparare a riconoscerci in tutti gli esseri che popolano la terra e forse per imparare anche un nuovo tipo di convivenza. Probabilmente sono utopie le mie o forse desideri di un diverso modo di fare esperienza della vita. E allora accanto ai nostri computer ricordiamoci di appendere piccole mappe esperienziali che ci possano condurre in luoghi verdi. Luoghi più vicini di quanto non si riesca a pensare e che sono nelle nostre città o al limitare di esse. Non si tratta di fare un passo indietro verso un passato di vegetazioni rigogliose, di cui si temeva l’oscura ombra ma di fare un atto di gratitudine che possa farci scoprire nuove possibilità…o forse nuove affinità.

Fonti

Alfredo Cattabiani, Florario, Oscar mondadori, 2013

Santa Ildegarda di Bingen (santa-ildegarda-di-bingen.it)

IL SIMBOLISMO DELLA VIOLA: IL RINASCERE DELLA VITA DAL SANGUE DI ATTIS | Thesaurus Naturae (wordpress.com)

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